AI e coaching: oltre le mode e gli slogan, una ricerca ICF Italia indaga cosa significa davvero per coach, clienti e aziende integrare questa innovazione.
Parlare oggi di Intelligenza Artificiale è quasi inevitabile. Ma quante volte ci fermiamo alle etichette, alle mode, alle parole dette in fretta? Il tema sembra scontato, eppure raramente viene affrontato in profondità. Perché l’AI – soprattutto quella generativa, che negli ultimi due anni è entrata nelle nostre tasche e nelle nostre conversazioni quotidiane – non è solo tecnologia. Non è soltanto calcolo statistico o potenza di dati. È qualcosa che interroga la nostra cultura, il nostro modo di pensare, il nostro modo di stare in relazione.
Lo vediamo ogni giorno: per molti l’AI generativa è diventata una compagna di viaggio, di lavoro, di pensiero. Quasi una persona, verrebbe da dire. In realtà no: è piuttosto uno specchio, un riflesso amplificato delle nostre stesse parole, messe a confronto con miliardi di altre parole che abbiamo messo in rete in trent’anni di vita digitale.
Ecco perché, per noi coach, questo terreno non è neutrale. Non si tratta di discutere se usare o meno un nuovo tool. Si tratta di chiederci che cosa cambia nel nostro modo di interpretare il coaching, e con quale mindset ci poniamo di fronte a un’innovazione che tocca proprio ciò che consideriamo più umano: il pensiero, la creatività, la relazione.
La seconda competenza del modello ICF – International Coaching Federation (Embody a Coaching Mindset) ci ricorda che il coach è chiamato a vivere con apertura, curiosità e apprendimento continuo. Allora, come coach come ci poniamo di fronte all’AI? Con quanta conoscenza, consapevolezza e familiarità la stiamo avvicinando?
E i nostri clienti, i coachee? Sanno che esiste l’AI nel coaching? Come la percepiscono? Immaginano un futuro in cui il coaching resta profondamente umano o temono che venga sostituito?
E ancora: come sarà il mercato del coaching con l’AI? Non parliamo solo di numeri, ma di attitudini all’adozione. Le aziende la guarderanno come un potenziamento o come una leva di riduzione dei costi? Si creerà un coaching di serie A, riservato alla relazione umana, e un coaching di serie B, automatizzato e low-cost? Oppure emergeranno nuove nicchie ibride, in cui la tecnologia diventerà un moltiplicatore della relazione?
È questo l’“elefante nella stanza”: l’AI è una minaccia di sostituzione o un’opportunità di potenziamento? O entrambe le cose?
La ricerca lanciata da ICF Italia vuole esplorare proprio questi scenari. Vuole tracciare l’identikit del coach che usa l’AI: come la usa, perché, con quali benefici e competenze. E al tempo stesso dare voce ai clienti: quanto la conoscono, quanto la desiderano, quanto la temono.
Partecipa alla ricerca internazionale promossa da ICF Italia: ti serviranno soltanto dieci minuti per rispondere al questionario (anonimo)!
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Non bastano l’hype mediatico e i titoli dei giornali per capire dove stiamo andando. Serve raccogliere dati, ascoltare prospettive, confrontare esperienze. I risultati verranno presentati a novembre, durante la conferenza annuale di ICF Italia. Nel frattempo, ogni risposta è un passo per disegnare insieme il futuro di questo binomio che – più che nominare – è tempo di capire.
Maria Rita Fiasco, Coach PCC ICF, Senior trainer e Management consultant