Non saprei individuare un momento preciso in cui la parola confine ha iniziato a sembrarmi limitante. Probabilmente è accaduto mentre osservavo quanta energia dei leader venisse assorbita nel presidiare perimetri – confini di ruolo, di funzione, di identità professionale – lasciando poco spazio alla creazione di valore condiviso. Oppure quando ho iniziato a notare che le idee più innovative, le soluzioni più sorprendenti e le collaborazioni più feconde nascevano nei margini, nei territori condivisi tra competenze diverse, dove qualcuno aveva avuto il coraggio di spingersi oltre ciò che era stato definito “di sua pertinenza”.
La leadership senza confini non nasce dall’eliminazione delle strutture, ma da una nuova interpretazione del guidare: non più proteggere uno spazio individuale, bensì generarne uno più ampio e fertile, in cui confronto, creatività, sperimentazione e co-responsabilità trovano terreno per svilupparsi. È la capacità di rimettere in discussione ciò che esiste per lasciare emergere ciò che ancora non vediamo, ma che potrebbe trasformare radicalmente il modo in cui lavoriamo insieme.
Il leader come architetto di connessioni sistemiche
Viviamo immersi in una complessità che cresce per interconnessioni, non per aggiunta di livelli gerarchici. In questo contesto, la leadership autentica si esprime attraverso la capacità di connettere ciò che normalmente rimane separato: persone con esperienze differenti, ruoli distanti, prospettive che difficilmente si incrociano spontaneamente.
Il leader boundaryless diventa così un architetto di connessioni sistemiche: individua e mette in relazione nodi vitali del sistema, abbatte silos culturali, facilita la contaminazione tra mondi professionali diversi e, così facendo, permette al valore di circolare ovunque possa generare impatto. Guidare significa allora abilitare la rete a funzionare, aprire corridoi di interazione e creare contesti in cui le idee possano trovare la loro massima espressione collettiva.
Dal controllo al flusso decisionale
In passato, il controllo era considerato garanzia di qualità e sicurezza; oggi rischia di trasformarsi in un freno alla velocità e all’adattamento. Le organizzazioni che evolvono più rapidamente sono quelle in cui informazioni, competenze e responsabilità scorrono con facilità verso i punti in cui servono davvero.
Si pone quindi una domanda pragmatica e lucida: che cosa serve in questo momento e chi è nella posizione migliore per farlo accadere? Quando il processo decisionale si muove con questa logica l’intelligenza del sistema si attiva in modo naturale; le soluzioni emergono dove il contesto le rende più efficaci; l’innovazione smette di essere un esercizio episodico e diventa parte della quotidianità.
Il ruolo del leader, a questo punto, non è più centralizzare le scelte, ma creare condizioni chiare perché possano diffondersi, assumendo forme molteplici senza perdere coerenza con la visione complessiva.
Un paradosso da vivere
La leadership senza confini è un paradosso fertile: ampliando lo spazio di autonomia e collaborazione, diventa più evidente ciò che tiene insieme l’intero sistema: una direzione condivisa, una cultura che valorizza la responsabilità, una fiducia che sostiene il rischio di osare. Il leader evolve da figura che possiede risposte, a presenza capace di far emergere le domande giuste.
L’ho letto per te – Due libri per una leadership senza confini
Questa volta ho scelto due libri che si completano a vicenda: uno che esplora la leadership nei sistemi complessi e l’altro che ne approfondisce il ruolo nelle diversità culturali e umane.
Complex Adaptive Leadership di Nick Obolensky
Tre idee chiave:
- La leadership non appartiene solo al “leader nominato”: è un processo distribuito e dinamico che emerge quando le persone sono coinvolte e autonome.
- In un contesto caratterizzato da complessità e incertezza, le vecchie modalità di comando sono inefficaci; serve una guida che sappia leggere la realtà in trasformazione e attivare energie locali.
- Anche nei sistemi complessi ci sono “regole semplici” che permettono al sistema di funzionare meglio: il vero asset del leader è aiutare a identificarle e renderle operative.

Leading Beyond Boundaries di Corey L. Hamilton
Tre idee chiave:
- La diversità culturale non è solo da gestire: è una risorsa strategica che, se attivata con consapevolezza, può produrre vantaggio competitivo e innovazione.
- La leadership autentica si costruisce a partire dalla comprensione del contesto e della cultura in cui si opera, non dall’applicazione uniforme di modelli preconfezionati.
- L’inclusione profonda richiede intenzione, struttura e competenza: coinvolgere non basta, serve dare un filo conduttore, condividere la responsabilità e uno spazio per esprimersi.
E tu?
Quali confini senti oggi intorno al tuo modo di guidare?
Sono davvero imposti dall’esterno, oppure sono confini interiori che puoi iniziare ad allargare, per dare più spazio all’intelligenza collettiva e al potenziale delle persone che lavorano con te?
Forse la leadership del futuro non sarà quella che estende il proprio territorio, ma quella che allarga l’orizzonte di tutti.
Adele Eberle, Talent & Performance Leader, Master Certified Coach (ICF)









