Tailor made, “swarm force” e “algogrammi”: così l’Intelligenza artificiale ridisegna il lavoro

Dall’Intelligenza artificiale alla trasformazione culturale delle imprese: intervista di Miriam Carraretto ad Alberto Mattiello, esperto di tecnologie emergenti.

 

L’Intelligenza artificiale sta già rivoluzionando il mondo del lavoro e il modo in cui le aziende affrontano innovazione, produttività e competizione. Ma quali sono i veri cambiamenti in atto? Come si costruisce una cultura aziendale capace di integrare questi nuovi strumenti? Chi ci può aiutare a farlo? Ne abbiamo parlato con Alberto Mattiello, esperto internazionale di tecnologie emergenti e futuro del lavoro, che ci guida in un viaggio tra AI verticali, collaborazioni tra agenti digitali e nuovi modelli organizzativi.

 

Mattiello, siamo ormai pervasi – talvolta con stupore e talvolta con preoccupazione – da strumenti di Intelligenza Artificiale. Come si sta evolvendo l’approccio a queste tecnologie?

Siamo entrati in una nuova fase. All’inizio usavamo l’AI in modo generalista: ChatGPT era una novità utile, ma ancora sperimentale. Oggi, invece, l’Intelligenza Artificiale sta diventando una presenza continua, con cui interagiamo non solo per essere più produttivi, ma anche per trovare soluzioni personali, dall’organizzazione della giornata alla gestione delle emozioni. Non è più solo uno strumento: è un compagno con cui scegliamo di passare il nostro tempo.

Stiamo quindi andando sempre di più verso una maggiore specializzazione delle AI, quasi fossero “tailor made”?

Esattamente. Dopo l’era dell’AI generalista, stiamo vivendo l’esplosione dei cosiddetti tool verticali: strumenti altamente specializzati che risolvono problemi specifici. Oggi possiamo trovare AI per fare analisi di mercato, creare contenuti, gestire progetti, analizzare testi. E questo è solo l’inizio: grazie alla capacità dell’AI di scrivere codice, assisteremo presto a una crescita esponenziale di questi strumenti.

Questo nuovo scenario cambia anche la competizione tra aziende tech?

Sì, la logica sta cambiando. Non vince più chi ha il modello di AI più grande, ma chi sa addestrarlo meglio per compiti specifici. Si sta creando una sorta di “seconda Intelligenza” tagliata su misura, sempre più simile al modo di ragionare umano. E questa intelligenza evolve con noi, imparando in base ai feedback e ai nuovi dati.

E il passaggio successivo qual è? Dove stiamo andando?

La prossima frontiera è la collaborazione tra più AI specializzate. Parliamo di sistemi che dialogano tra loro, ciascuno con un ruolo definito. Personalmente, ho creato un sistema in cui più AI raccolgono e rielaborano dati da fonti selezionate: ogni mattina ricevo una sintesi personalizzata dei cinque trend più rilevanti per il mio lavoro. È un’anteprima di ciò che ci aspetta: workflow automatizzati dove l’umano coordina agenti digitali, come un direttore d’orchestra.

Proviamo a focalizzarci sull’Italia: le nostre aziende sono pronte a questo salto?

Il vero ostacolo non è tecnologico, ma culturale. L’Intelligenza Artificiale non deve essere solo delegata a pochi tecnici: deve diventare parte integrante del bagaglio di ogni collaboratore. Ogni dipendente, da qui in avanti, dovrebbe sapere come usare l’AI nel proprio lavoro quotidiano. E ogni impresa deve porsi una domanda: se il mio competitor riesce a fare la stessa cosa in un decimo del tempo grazie all’AI, quanto rischio di restare indietro?

E qui entra in gioco proprio il ruolo di chi, dentro alle imprese, ci può aiutare a formare e plasmare una cultura dell’AI in azienda…

Non si può imporre dall’alto. Deve nascere dal basso, dalla curiosità e dalla sperimentazione. Ma il sapere va condiviso: chi scopre un nuovo utilizzo deve renderlo patrimonio comune. Servono ambienti di lavoro in cui l’uso dell’AI non è un’eccezione, ma la norma. E dove tutti imparano a collaborare con gli strumenti digitali, non a subirli. Sicuramente la presenza di figure che formino in questo senso, che consapevolizzino, è essenziale.

Lei ha sintetizzato questo nuovo concetto di lavoro parlando di “swarm force”. Ce lo spieghi…

È una visione alternativa all’organizzazione classica. Immaginiamo che ogni lavoratore sia affiancato da uno “sciame” di agenti digitali, AI specializzate che amplificano le sue capacità. Non avremo più solo organigrammi aziendali, ma “algogrammi”, reti intelligenti che lavorano insieme. Ogni persona sarà valutata anche per la capacità di costruire e far collaborare queste AI.

Siamo all’alba di un cambio epocale…

Assolutamente sì. L’Intelligenza Artificiale non è un rischio, ma una grande opportunità. Chi saprà integrarla in modo intelligente avrà un vantaggio competitivo enorme. Ma bisogna iniziare ora, con consapevolezza e visione strategica. L’AI è già qui. E il futuro lo scriviamo noi.

 

Miriam Carraretto, giornalista

Alberto Mattiello, esperto di tecnologia e innovazione

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