Formazione manageriale

Competenze umane e AI: cosa resta da imparare?

Ci sono letture che non si chiudono davvero: restano lì, sullo sfondo dei pensieri, e continuano a lavorare dentro, come fanno le buone domande. È quello che mi è accaduto leggendo il recente Rapporto di “Harvard Business Review Italia” sulla formazione manageriale nel 2025. Un testo che va oltre le statistiche: ci invita a osservare i cambiamenti con occhi più attenti e a ripensare il senso stesso dell’apprendere.

AI nei percorsi formativi

L’intelligenza artificiale si è ormai stabilita nel cuore dei percorsi formativi. Le business school la integrano con entusiasmo crescente: assistenti digitali, valutazioni automatizzate, percorsi personalizzati. La promessa è quella dell’efficienza, della scalabilità, dell’accesso democratico al sapere. Ma proprio in questo scenario così promettente, si fa strada una domanda più scomoda: cosa rischiamo di perdere?

Mi è tornata in mente una scena di qualche giorno fa. Ero in aula come allieva, con un gruppo di coach professionisti. Stavamo lavorando sul ruolo dell’AI nella pratica di coaching e, a un certo punto, mi è balenato questo pensiero nella mente: “Quando l’AI mi dà risposte, mi sento sicura. Ma quando parlo con una persona e mi fa una domanda giusta, mi sento viva, mi sento presente”. Sono rimasta in silenzio per un po’. Per me è stato un promemoria potente: la conoscenza non è solo ciò che si sa, ma il modo in cui si entra in relazione con ciò che si ignora.

La centralità dell’umano

Il rapporto lo conferma: la centralità delle competenze umane è in crescita. Empatia, pensiero critico, capacità di affrontare l’ambiguità. Non sono semplici “corredi emotivi”, ma elementi strutturali per navigare nella complessità. E in questo, il coaching – e in particolare l’e-coaching – ha molto da offrire. Non solo come metodo, ma come spazio di elaborazione, di allenamento, di trasformazione.

Nel tempo del sapere on demand, forse il vero atto educativo è imparare a sostare. A restare nelle domande. A coltivare quella lentezza intelligente che permette di ascoltare, di cambiare, di scegliere. E anche di disimparare: abbandonare modelli superati, rileggere ciò che diamo per scontato, riconoscere quando è il momento di fare spazio.

Perché la conoscenza che conta non è solo quella che accumuliamo, ma quella che ci cambia. E ci accompagna a diventare, un po’ alla volta, la versione più autentica e lucida di noi stessi.

Oriana Cok, Amministratrice Delegata Gruppo Pragma

Oriana Cok
Author: Oriana Cok

Post Correlati

newsletter
Copia link

Copia link articolo