Coaching come chiave

Il coaching come chiave per la realizzazione personale

Spesso si dice che i grandi incontri avvengono per caso, delle volte invece ne siamo alla ricerca, forse in maniera inconsapevole, fino a che un contesto, una parola, una sensazione ce li rendono visibili. È così che io ho avvicinato per la prima volta l’universo del coaching: è avvenuto durante un master in orientamento e consulenza professionale, in apparenza un passaggio tra i tanti del mio percorso formativo. Ma quel modulo, in mezzo a numerosi altri, aveva qualcosa di diverso: parlava direttamente a me. Non solo alla mente – come la teoria spesso fa – ma alla parte più autentica.

È stato come se, in un attimo, tutto si allineasse: il coaching non si è dimostrato solo un metodo efficace, ma lo strumento giusto per portare a compimento le motivazioni più profonde che mi avevano spinto, anni prima, a iscrivermi a psicologia.

Da sempre ho sentito il desiderio di aiutare le persone a diventare libere, autonome, capaci di scegliere e agire in modo coerente con chi sono davvero. Per me, in questo consiste il vero successo. Non nel raggiungimento di un ruolo o di uno status, ma nella conquista di una direzione propria, interna, radicata. Il coaching, in quel momento, mi ha mostrato una strada concreta per dare forma a questa visione.

È stato un riconoscimento: come quando trovi una voce che pronuncia le parole che hai dentro da tempo, ma non sai ancora come esprimerle. Da lì, il mio percorso non è stato più lo stesso. Non tanto per quello che ho imparato, ma per quello che ho iniziato a disimparare: l’idea che per aiutare qualcuno serva dare risposte. Il coaching mi ha insegnato invece che le risposte migliori sono quelle che ciascuno può scoprire da sé, se si crea lo spazio giusto, se si ascoltano le domande con apertura, se si ha fiducia, se si ha il coraggio di stare nel silenzio e aspettare che la risposta più vera arrivi.

Col tempo, oltre a esercitare la professione di coach, ho avuto anche il privilegio – e la responsabilità – di formare decine di colleghi. Ogni percorso, ogni aula, ogni sessione è stata un’occasione di trasformazione, anche per me. Ho imparato che ogni incontro, se vissuto davvero, cambia sia chi accompagna sia chi è accompagnato.

Ho compreso cosa significa vivere con intenzione: essere presenti a se stessi, scegliere con consapevolezza, agire allineati al proprio sé più autentico, ai valori più profondi e agli obiettivi più nobili della propria esistenza. E ho scoperto quanto sia preziosa la vulnerabilità per chi fa coaching: intesa non come fragilità, ma come disponibilità a restare accoglienti, non protetti da maschere, ruoli, sovrastrutture. È nella vulnerabilità che si crea connessione vera… ed è solo da lì che può nascere un cambiamento reale.

Oggi, ogni volta che accompagno una persona, un team, un’organizzazione, sento che sto onorando quella mia prima intuizione. E che il coaching – quando è autentico, rispettoso – può davvero diventare la chiave per aprire la porta verso la soddisfazione, la realizzazione, la libertà. Quella che, quel giorno, si è aperta anche per me.

Adele Eberle, Talent & Performance Leader, Master Certified Coach (ICF)

Adele Eberle
Author: Adele Eberle

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