Dal campo sportivo all’impresa: una breve storia del coaching
La disciplina del coaching, oggi al centro di molte pratiche formative e manageriali, ha una storia sorprendentemente recente. Il termine compare per la prima volta nel 1937, negli studi di C.B. Gorby sul miglioramento della produttività industriale. È però solo negli anni ’70 che il coaching assume la forma più simile a quella che conosciamo oggi, grazie a Tim Gallwey, psicologo dello sport, che trasferisce le logiche dell’allenamento mentale dallo sport al mondo aziendale.
A seguire, altre figure chiave contribuiscono a costruire l’identità del coaching contemporaneo: John Whitmore, che sistematizza il metodo GROW; Martin Seligman, padre della psicologia positiva; e, se andiamo ancora più indietro, persino Socrate, che con la sua arte maieutica può essere considerato uno dei precursori del dialogo trasformativo.
Ma una domanda rimane sempre aperta: cos’è davvero il coaching?
Oggi possiamo definirlo come una pratica di sviluppo orientata al cambiamento e all’autonomia, applicabile in ogni situazione – individuale o collettiva – in cui siano richiesti miglioramento, consapevolezza, o trasformazione.
Il business coaching e l’arrivo della formazione manageriale in Italia
A partire dagli anni ’70, con la nascita delle prime business school italiane, il coaching comincia a entrare nei contesti organizzativi. Nasce così il business coaching, una branca focalizzata sull’impatto che il coaching può avere nelle imprese: supporto alla leadership, sviluppo delle performance, crescita del potenziale, ma è con la trasformazione digitale che il coaching aziendale trova nuovo terreno fertile.
Coaching e digitale: un’alleanza strategica
Viviamo in un’epoca in cui le tecnologie cambiano rapidamente, e con esse i modelli di business, le competenze richieste e le modalità di collaborazione. In questo contesto, il coaching si conferma come una leva chiave per accompagnare il cambiamento, grazie alla sua capacità di agire non solo sul “fare”, ma soprattutto sull’“essere” delle persone.
Il coaching digitale – anche attraverso piattaforme come i•dive – rappresenta oggi un ponte tra competenze tecniche e sviluppo umano, tra processi organizzativi e trasformazione personale. Non si tratta più solo di insegnare un nuovo tool o adattarsi a un cambiamento tecnologico, ma di sostenere le persone nel costruire un nuovo mindset.
Il valore del coaching nella trasformazione digitale
Nel concreto, il coaching si rivela utile in molteplici direzioni:
- Supporta l’adattamento al cambiamento, aiutando le persone a gestire la resistenza, l’incertezza e il timore del nuovo.
- Fornisce uno spazio di ascolto e motivazione, valorizzando i talenti individuali e rafforzando la fiducia.
- Stimola la creatività e l’innovazione, incoraggiando il pensiero laterale e l’iniziativa.
- Favorisce la consapevolezza e la responsabilità, elementi fondamentali per la crescita personale e professionale.
Il coaching diventa così parte integrante di un ecosistema di formazione continua che non si limita a trasferire conoscenze, ma accompagna le persone nel diventare più flessibili, resilienti e orientate al futuro.
Oltre le competenze: un approccio centrato sulla persona
Nell’era digitale, il valore di un’organizzazione passa sempre più dalla sua capacità di valorizzare le persone. E il coaching risponde a questa sfida con un approccio personalizzato, orientato al potenziale e al benessere.
Che si tratti di sviluppare nuove skill, affrontare transizioni di carriera, promuovere la leadership o semplicemente trovare un nuovo equilibrio nel cambiamento, il coaching aziendale – soprattutto se integrato con strumenti digitali – si conferma uno strumento strategico per il futuro del lavoro.
Uno sguardo professionale
Rocco Fanello, Business Coach ACC – International Coaching Federation
Alla luce della crescente rilevanza che il coaching ha assunto nei contesti aziendali e formativi, risulta evidente quanto sia fondamentale che chi esercita questa professione sia adeguatamente formato e preparato. I temi trattati dal coach – che spaziano dalla trasformazione digitale alla gestione del cambiamento, fino allo sviluppo delle competenze trasversali – richiedono abilità specifiche, sensibilità relazionale e un aggiornamento continuo.
È proprio in questa prospettiva che assumono un ruolo centrale i corpi associativi come, ad esempio, ICF (International Coaching Federation), EMCC (European Mentoring & Coaching Council) e altri enti riconosciuti, che definiscono standard professionali, promuovono la formazione continua e garantiscono l’etica della pratica. Queste organizzazioni contribuiscono a qualificare e valorizzare il coaching come leva strategica per la crescita delle persone e delle organizzazioni.
Rocco Fanello, Business Coach ACC – International Coaching Federation