La tecnologia è ormai parte integrante del nostro presente. Accettare questo fatto significa essere sintonizzati con il mondo, con gli altri e con la vita stessa, poiché oggigiorno non esiste luogo, ambito o settore che possa considerarsi al di fuori di questa grande rete digitale che permea la nostra realtà. Anche il coaching sta vivendo un processo di profonda evoluzione tecnologica. Molti sono i clienti che sempre di più scelgono di affidarsi a percorsi on line: sessioni individuali in videocall, esercizi svolti su piattaforma tra un incontro e l’altro, journaling su app per annotare riflessioni e progressi.
Il digitale si è quindi sempre più guadagnato spazio anche nelle relazioni tra persone, compresa quella tra coach e coachee. La tecnologia ha aperto al coaching possibilità e orizzonti che qualche decennio fa avremmo solo potuto immaginare. Siamo ben consapevoli però che, nonostante ci sia una generale e tangibile propensione all’innovazione, soprattutto da parte delle nuove generazioni, non tutti i percorsi di coaching on line riscuotono il medesimo successo. Come mai? Quali sono i fattori che determinano il successo o l’insuccesso di un percorso di coaching on line? Cosa ci spinge ad accogliere una tecnologia e cosa invece ci fa desistere?
Non è solo questione di tecnologia, ma di percezione
Per rispondere a queste domande adopereremo uno strumento prezioso: il Technology Acceptance Model (TAM). Si tratta di un modello psicologico sviluppato dal ricercatore statunitense Fred Davis nel 1989, che aiuta a comprendere i meccanismi che portano una persona ad accettare, oppure rifiutare, l’uso di una tecnologia. Una vera e propria bussola che, se maneggiata a dovere, può fare la differenza per garantire il successo di un percorso di coaching on line.
Il TAM è un modello tanto semplice, quanto estremamente efficace e origina da un presupposto chiaro: non è la tecnologia in sé a determinare il suo successo, ma il modo in cui viene percepita da chi la deve usare. In altre parole, anche il miglior strumento rischia di restare inutilizzato se le persone non lo percepiscono come utile e accessibile.
Technology Acceptance Model: come funziona
Il modello si basa su due concetti fondamentali:
- l’utilità percepita, ovvero quanto una persona crede che quella tecnologia possa essere utile per migliorare il suo lavoro o la sua vita,
- la facilità d’uso percepita, ossia il grado in cui quella tecnologia viene percepita come facile da usare, intuitiva, priva di ostacoli.
Le persone sono quindi propense ad accogliere l’utilizzo del digitale se, e solo se, si sentono di rispondere affermativamente alle domande: «Mi è davvero utile? Sono in grado di utilizzarlo senza troppa fatica?» Il TAM aiuta a mettersi nei panni dell’utente, consentendo di capirne i dubbi, le aspettative e le reazioni emotive scaturite dall’utilizzo di strumenti digitali. E per chi utilizza il digitale come parte integrante del proprio lavoro o come canale di relazione con clienti, pazienti o assistiti, questa consapevolezza rappresenta un vantaggio tanto prezioso, quanto strategico.
Il TAM come strumento di consapevolezza per coach e coachee
Conoscere il TAM può aiutare i coach a progettare meglio le esperienze on line, scegliendo strumenti accessibili, spiegandone i benefici in modo chiaro e supportando i clienti nel processo di familiarizzazione. Non solo, può essere anche un valido alleato da utilizzare come modello nei percorsi stessi di coaching, soprattutto quando si lavora su tematiche come il cambiamento, la flessibilità, l’apertura alla novità. Il rapporto con la tecnologia può diventare metafora di molti altri ambiti della vita.
Accettare la tecnologia, nel senso più profondo, non significa diventare esperti di software, ma accogliere strumenti nuovi con apertura, spirito critico e consapevolezza. Il TAM ci aiuta a capire meglio questo processo e a renderlo più chiaro e più umano. Nel coaching on line questo può fare la differenza: non solo tra “usare o non usare” una piattaforma, ma tra vivere o subire l’esperienza digitale.
In un mondo come il nostro, la tecnologia è molto più di uno strumento: è un contesto di crescita, un linguaggio, una leva per l’apprendimento e il cambiamento. Per chi fa coaching, oggi è fondamentale non solo conoscere gli strumenti digitali, ma anche comprendere le emozioni, le resistenze e le potenzialità che li accompagnano. Aiutare coach e coachee ad accogliere la tecnologia con consapevolezza significa trasformare anche un semplice clic in un primo ma grande passo verso la propria evoluzione personale, relazionale e professionale.