Da quando ho fatto del coaching il mio lavoro, mi accorgo che la lente del coach si attiva spontaneamente anche nei contesti quotidiani. È come se la realtà si disponesse in modo diverso: le situazioni si leggono, si ascoltano, si osservano con maggiore profondità. E così, anche strumenti apparentemente “tecnici” come la matrice della comunicazione efficace – quella che incrocia relazione e contenuto – diventano chiavi di lettura preziose, anche al di fuori del mondo business.
Ho conosciuto e approfondito questa matrice in un percorso formativo condiviso con Maria Rita Fiasco ed Emanuela Scarpone, di cui potete leggere gli articoli sul nostro blog. Il suo funzionamento è semplice: incrocia due dimensioni fondamentali, relazione e contenuto. Immaginiamo un quadrante: quando entrambe sono al massimo – cioè quando c’è chiarezza nel messaggio e qualità nella relazione – ci troviamo nel quadrante dell’efficacia. Tutti gli altri quadranti rappresentano situazioni carenti: contenuto forte ma relazione debole, relazione intensa ma contenuto fragile, oppure entrambi deboli.
Questa griglia, semplice ma potente, ci aiuta a leggere le interazioni con maggiore consapevolezza, in ogni ambito di vita, anche in contesti lontani dal coaching professionale.

Relazione alta, contenuto debole: il caso ospedaliero
Qualche tempo fa ho vissuto un’esperienza in ambito sanitario. Nulla di grave, ma abbastanza da generare una certa preoccupazione. Il clima che ho trovato è stato di grande empatia, ascolto, comprensione. Mi sono sentita accolta, accompagnata. Eppure, l’esito dell’intervento non è stato quello sperato. Senza entrare nei dettagli, posso dire che la relazione è stata eccellente, ma il contenuto – inteso come efficacia dell’azione – non ha raggiunto l’obiettivo.
Questo mi ha fatto pensare a quanto, in certi contesti, la relazione possa compensare una debolezza sul piano operativo. E quanto sia importante, anche per chi comunica, non confondere la qualità del legame con la qualità del risultato.
Contenuto solido, relazione presente: il caso scolastico
In un contesto scolastico, durante i colloqui di inserimento, ho vissuto una situazione molto diversa. Anche qui c’era una componente emotiva: ansia, aspettative, timori. Ma ho trovato preparazione, chiarezza, gentilezza. Il contenuto era solido, la relazione rispettosa. Un contesto molto diverso, ma che mi ha fatto pensare a quanto la comunicazione efficace sia un equilibrio dinamico tra ciò che si dice e come lo si dice. E quanto, anche in situazioni delicate, la competenza relazionale possa rafforzare la competenza tecnica, e viceversa.
Cosa possiamo trarne come coach
La matrice relazione/contenuto ci invita a non separare il piano emotivo da quello cognitivo, ma a tenerli insieme, in tensione creativa. E ci ricorda che la comunicazione è sempre situata: non esistono formule valide per tutti, ma intenzionalità, ascolto e consapevolezza.
Nei momenti della vita in cui siamo coinvolti emotivamente – dove anche la preoccupazione fa la sua parte – è utile ricordare che abbiamo uno strumento potente: le domande. Se poste in modo rispettoso e chiaro, le domande possono disinnescare il pilota automatico, aprire spazi di riflessione e favorire una comunicazione più consapevole. Questo vale soprattutto in contesti in cui le persone lavorano ad altissima intensità, sotto pressione, con carichi emotivi e operativi importanti.
Come coach, possiamo portare questa riflessione anche nei percorsi con clienti che vivono transizioni personali, educative, sociali. Perché la qualità della comunicazione è trasversale, e saperla leggere è già un primo passo verso il cambiamento.
Silvia Pallaver, Head of Coaching and Mentoring Unit, Certified Coach and Learning and Development Expert