Gandhi diceva che la violenza passiva sottende solitamente a quella fisica, è una sorta di miccia che innesca la rabbia e fa scattare la violenza fisica nell’interlocutore. La comunicazione, le parole che vengono utilizzate ogni giorno per entrare in contatto con colleghi di lavoro, familiari o amici rientrano proprio in questo gruppo. Spesso non ce ne rendiamo conto, ma un uso troppo disinvolto o superficiale di certi termini può generare effetti imprevisti in chi ci ascolta. La violenza affonda le proprie radici nel linguaggio e imparare a esprimersi in maniera non violenta è essenziale per la buona riuscita dei rapporti sociali.
A questo proposito non possiamo non citare il testo di Marshall B. Rosenberg, Le parole sono finestre [oppure muri], un caposaldo in materia di comunicazione non violenta.
A partire dall’educazione
Spesso i comportamenti violenti si manifestano già in giovane età; la società sta evolvendo e alcuni valori che in passato erano ben chiari ai ragazzi oggi sono totalmente ignorati, per questo il professor Canevaro nella prefazione al libro di Rosenberg suggerisce tre passaggi che possono essere fondamentali per educare i più giovani alla nonviolenza a partire dalla scuola. In primo luogo, dovrebbero essere responsabilizzati, perché maggiori sono le responsabilità e maggiore è la consapevolezza che si ha di determinate azioni e situazioni; in secondo luogo, si devono reinserire dei riti di passaggio, la cui assenza porta l’individuo a non riconoscere il proprio posto nella società in relazione alle altre persone e a perdere il controllo; il terzo punto è la resilienza, la capacità di «allargare gli spazi, e riprendere poi la propria struttura», comprendere il mondo senza cedere per forza alla violenza.
Comunicazione non violenta e coaching
L’utilizzo della comunicazione non violenta è sicuramente raccomandabile anche in un contesto lavorativo. Pensiamo a tutti i casi in cui alla domanda di un collega abbiamo risposto utilizzando toni o parole poco piacevoli, solo perché stressati dal carico di lavoro: ci renderemo conto che avremmo potuto esprimerci diversamente, evitando di mettere a disagio l’altra persona. Riguardo l’utilizzo della CNV sul luogo di lavoro scrive Ike Lasater che ha partecipato in prima persona ai corsi di Rosenberg sul tema e ha poi deciso di farne una professione. Nel suo Parole che funzionano sul mondo del lavoro, Lasater propone una guida pratica all’applicazione della CNV, prestando particolare attenzione allo svolgimento di piccoli esercizi che possono aiutare a sentirsi a proprio agio nel praticarla.
La comunicazione non violenta è un punto essenziale in un percorso di coaching, perché ci porta a riflettere sull’importanza delle parole e dei comportamenti non verbali nei confronti di chi ci circonda.
Avere a che fare con persone disponibili al confronto e che si pongono in modo gentile rende l’ambiente di lavoro e il lavoro stesso molto più piacevoli, perché si ha l’idea di poter contare sempre su colleghi rispettosi che sapranno ascoltare e aiutare nella risoluzione di un dubbio.
Le parole sono finestre [oppure muri] e Parole che funzionano sul mondo del lavoro possono essere letti indipendentemente l’uno dall’altro o in sequenza, per immergersi totalmente nel tema della comunicazione non violenta. Comunque ci si voglia porre rispetto alla lettura dei due testi, è sicuramente consigliabile considerarli come un punto di partenza per qualsiasi percorso di coaching e di crescita personale.
Marshall B. Rosenberg, Le parole sono finestre [oppure muri], Esserci edizioni, 2023, pp. 11-20
Ike Lasater, Parole che funzionano nel mondo del lavoro, Esserci edizioni, 2011, pp. 15-22









